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sabato 30 dicembre 2017

Addio Chemio... ma le sfighe continuano!

Ho i miei tempi, e devo ammettere che prima ancora di iniziare a produrre qualcosa di costruttivo e trovare le giuste parole da mettere insieme, ho creato questo bimbaminkiosissimo collage, perchè mentre sistemavo le mie foto del 2017, ho trovato i vari selfie che mandavo ai miei amici quando, durante la terapia, mi chiedevano come stesse andando. Mettendole una di fianco all'altra mi sono resa conto di quanto sia cambiato il mio corpo, il mio viso, la mia pelle. A quel punto, è bastato solo aggiungere le scritte da adolescente di Netlog, ma continuavano a mancarmi le parole giuste per scrivere. E so che, piuttosto che blaterare a caso, è meglio aspettare che arrivi il momento giusto, e le parole si scriveranno da sole.




Ho aspettato un bel po'.

Come se sapessi che intitolare un post solo "addio chemioterapia" mi avrebbe portato sfiga.

Ve lo scrivo con un po' di amaro in bocca, quello stesso amaro che mi è rimasto non potendo toccare nulla di tutto ciò che c'era sulla mia tavola imbandita come le vere famiglie piemont-terrone sanno fare.

Ho finito la chemio il 24 novembre.
Posso dire di essere uscita da quel reparto che quasi volavo, non toccavo terra, volevo solo arrivare a casa, morire sul divano, finire l'ultimo ciclo di cortisone + punture + antinausea + medicine di qualsiasi tipo, per poi aprire una bella bottigliazza di Champagne e brindare alla mia nuova vita, che cominciava finalmente da lì.

Una nuova vita fatta, in primis, di sushi e carne cruda, i cibi che mi hanno vietato per tutta la terapia, che non vedevo l'ora di mangiare tipo così:

E in secondo luogo da un Natale lontano dagli ospedali, dalle medicine, dalla nausea, da tutto questo schifo.
Avevo davanti solo più due punturone di immunoterapia, con quelle siringhe grosse come ceri pasquali, e poi addio ospedali fino a fine gennaio con le visite di controllo (sangue, tac, pet, tuttecose)

Questa, per lo meno, era la mia aspettativa quando ho lasciato l'ospedale il 21 dicembre, salutando tutto il reparto del COES e trotterellando felice verso l'ufficio.

E invece no, qualcuno aveva piani diversi per me.
Quel qualcuno, è un bastardo, sia chiaro.
Poco me ne frega se è stato da poco il suo compleanno, e poco me ne frega essere volgare o blasfema a questo punto.

Indovina, indovinello.

Chi ha passato la vigilia e metà del giorno di Natale, sdraiata su una brandina in mezzo al corridoio dell'ospedale di Chivasso?


ESATTO!

Non bastava tutto quello che ho passato nell'ultimo periodo.
Mi sono anche puppata il viaggio in ambulanza, l'infermiera di Chivasso che mi dice "ehi, di nuovo qui! Ma noi ci conosciamo", tutta la notte della vigilia in un lazzareto pieno zeppo di malati di tutti i tipi (non avete idea di quanto possa esser pieno un ospedale sotto Natale, l'avete ringraziato il bambin Gesù durante la messa di Natale, anche per questo, sì? Bravi.), gli infermieri troppo presi a mangiare la lasagna e l'arrosto piuttosto che curare noi poveri stronzi buttati in corridoio senza possibilità di chiamarli in casi di necessita, tranne urlare come se fossimo a Porta Palazzo, quattro flebo di antidolorifico e il chirurgo che mi dice che tanto sono solo aderenze, o coliche addominali, e finchè il mio intestino non si assesterà dall'operazione, non c'è nulla che loro possano fare. 
Bello. Confortante. 
Ah, a casa mi è anche venuta la febbre.
E Buon Natale.

Me ne torno a casa, sconfortata e dolorante.
Con la desolante consapevolezza che con questo male ci devo convivere, che non è tutto finito, che in qualsiasi posto del mondo mi trovi, in qualsiasi momento dell'anno, mi potrebbero prendere questi dolori lancinanti, e dovrei cercare l'ospedale più vicino. E se fossi scesa a Napoli con Luca per Natale? Mi ci vedete in una barella piena di formiche buttata nel corridoio dell'ospedale di Napoli? Dai, uagliù, non si può vivere così, non a 27 anni. Non quando pensavi che fosse tutto finito.

E soprattutto, voi tutti avete mangiato come cinghialotti, io ora vi elenco il mio menù delle feste:

24 dicembre: tutto ciò che ho mangiato è stato vomitato
25 dicembre: una bottiglia d'acqua, quattro plin e qualche cucchiaiata di brodo di bollito
26 dicembre: due cucchiai di riso e una patata bollita

Quando potrò recuperare tutti i vol-au-vent con fonduta, gli agnolotti al ragù, il vitello tonnato, i pandori ripieni di mascarpone, la paella della vigilia? Anche io voglio l'occasione di sfondarmi di cibo e lamentarmi che sono sazia all'inverosimile.

Se sento qualcuno parlare di dieta post-feste vi consiglio la mia, raga diventate dei figurini.


Sono incazzata, e tanto anche, ma devo dire, comunque, che dall'altro lato è tutto finito.
Niente più giornate passare al Day Hospital, sdraiata sul lettino a fare la terapia.
Niente più cibo dell'ospedale nauseabondo.
Niente più nausee che durano giorni e giorni
Niente più notti insonni e risvegli all'alba per colpa del cortisone
Niente più larva buttata sul divano senza forze per cucinare o senza la concentrazione per leggere un libro.
Niente più capelli che cadono.

Niente di tutto ciò.

La chemio ha avuto anche risvolti positivi sulla mia vita, parliamoci chiaro.

- Non ho avuto peli su tutto il corpo per mesi. Sapete cosa vuol dire una vita senza ceretta per mesi? E per quanto bene io voglia alla mia estetista, è stata una liberazione.

- La gente si alzava sui mezzi per cedermi il posto, quando vedevano che avevo il foulard in testa.

- Ho saltato un sacco di file ai musei, sono entrata gratis in tanti altri, e potrò continuare a farlo fino a giugno, quindi sappiate che se siete soli e vi serve una compagna da musei, con me entrate gratis

- Posso usarmi la "carta cancro" ogni volta che non voglio fare qualcosa. Lo so, è brutto. Non si fa. Gne gne gne. Ma il cancro l'ho avuto io e ci faccio il cazzo che voglio, bando ai moralismi.

- Potrei usare la "carta cancro" anche per andare a C'è Posta per Te (chiamate Maria per me!)

- Mi ha facilitato nella ricerca di un lavoro

- Posso mangiare gelato in qualsiasi momento voglia perchè "dai, è l'unica cosa che mi fa passare la nausea!"

- Tutte le visite mediche gratis, esami gratis, medicinali gratis. E scusate se è poco!

- Non dovevo più farmi la tinta. Sapete quanto ho speso negli ultimi due anni per cambiare 5 colori di capelli? Ecco, con gli stessi soldi, ci compro un volo a/r per New York. E niente più soldi per lo shampoo, balsamo, maschera, crema, sticazzi.





Chi mi conosce lo sa, anche in queste situazioni demmerda, ci devo vedere qualcosa di buono, se no impazzisco!



Poi un venerdì sera, tornando da lavoro, in una Torino imballata dal traffico di persone che non vedevano l'ora di tornare dalle proprie famiglie dopo una settimana di lavoro, parte questa canzone.









E partono le lacrime.




Vorrei incollare tutto il testo, ma mi limito al pezzo che, principalmente, ha interrotto le mie bestemmie contro i guidatori stressati che non sanno in che corsia devono stare, e mi ha riempito gli occhi di emozioni:


E' da qui
non c'è niente di piu naturale che
fermarsi un momento a pensare
che le piccole cose son quelle più vere
e restano dentro di te
e ti fanno sentire il calore
ed è quella la sola ragione
per guardare in avanti e capire
che in fondo ti dicono quel che sei


è bello sognare di vivere meglio
è giusto tentare di farlo sul serio
per non consumare nemmeno un secondo
e sentire che anche io sono parte del mondo
e con questa canzone dico quello che da sempre so
che la vita rimane la cosa più bella che ho.

Ho iniziato, istintivamente, a pensare a quanto sia cambiata la mia vita negli ultimi sei mesi, a tutto quello che mi è successo, al peso che ho iniziato a dare alle cose.

Al peso che ho iniziato a dare alla vita.

Io rido, scherzo e faccio di continuo battute macabre sul cancro, è sempre stato il mio modo per affrontare i miei problemi. Come quella volta che, parlando di M&M's con un amico di mio fratello col quale avrò parlato probabilmente due volte prima di quella, stavamo constatando quanta merda ci fosse in quelle caramelle deliziose, e lui disse "Dicono anche che quelle verdi facciano venire il cancro", ed io, senza nemmeno pensarci troppo, ridendo, uscì con un meraviglioso "Massì, tanto il cancro ce l'ho già, almeno mangio cose buone". Non volevo mortificarlo, davvero, era una battuta delle mie. Poverino. È diventato tutto rosso, si è scusato più o meno duecento volte e ha smesso di rivolgermi la parola per paura di dirmi qualsiasi altra cosa.

Però, al di fuori di questi momenti di black humor, e al di là del fatto che il giorno del mio compleanno ho esordito con "questo è l'anno in cui morirò, perchè io sono una rock star, e si sa che le vere rock star muoiono a 27 anni".
Sticazzi, non avrei mai detto che la mia vita avrebbe preso questa piega inaspettata.
Come non avrei mai immaginato, durante gli ultimi sei mesi, di ritrovarmi a pensare alla morte in maniera più seria e concreta rispetto a quanto abbia mai fatto in tutta la vita.
La prima volta, il giorno in cui mi hanno operato in India e la seconda quando ho letto per la prima volta la parola "linfoma", chiedendomi se di linfoma si possa morire.

E quella sera ero lì.

SANA.

Nella mia città, con la mia macchinina indistruttibile, appena uscita da un luogo di lavoro che mi piace proprio, mentre stavo per raggiungere la persona che amo, nella nostra casetta.
Dire che in quel momento mi sentissi quantomeno grata della mia vita, probabilmente sarebbe un eufemismo.

Piangevo perchè avevo appena realizzato che nemmeno nelle mie fantasie più sfrenate avrei potuto immaginare tanta fortuna per un singolo momento della mia vita. Men che meno dopo tutta la merda nella quale ho sguazzato, senza salvagente o bracciolini, solo tre mesi a questa parte.

Eppure ero lì.
VIVA.
Ecco, quella canzone, in quel momento.

Non so come io abbia evitato un incidente, visto che ormai piangevo come se stessi guardando una puntata di Grey's Anatomy, ero quasi a Chivasso circondata dalla nebbia e non vedevo nulla.
Ho preso una boccata d'aria a pieni polmoni e l'ho buttata fuori espirando lentamente e profondamente, come mi ha insegnato il mio maestro di yoga.

E mi sono sentita felice.

Non importa se la mia paura più grande è, e resterà sempre, che il linfomerda torni. Perchè nel momento in cui ho saputo di essere davvero guarita, oltre il primo scombussolamento iniziale durante il quale non ho ben realizzato cosa significassero le parole "la tac è pulita", ho avuto un momento di buio, che è durato pochissimo, ma non mi ha permesso di godermi il momento in quell'istante.

Avevo paura.

Sapevo che sarei guarita, e non per ottimismo o per fede in qualcuno o qualcosa, ma perchè dal momento in cui ho iniziato a sentir parlare degli esperti, tutti mi hanno rassicurato sulla curabilità del mio particolare linfoma.

Il punto è: e se torna? 

Dopo questo percorso, breve ma intenso, sarei mai in grado di riaffrontare tutto,  DI NUOVO?
Questa è la paura più grande che mi ha accompagnato per tutto il mio percorso, e non c'è sfera magica, Paolo Fox o fede che leverà mai quest'ombra dai miei pensieri.

Poi, per carità, tutti conosciamo il mio "mai 'na gioia", quindi la prossima cacca di piccione che mi cadrà in testa è dietro l'angolo.

Però chissene frega, io alzo la radio, canto e, nel dubbio, apro l'ombrello.


E visto che l'anno sta per finire.
E visto che ne ho viste davvero troppe.
E visto che mi sono ritrovata a pensare spesso "come poteva esserci un finale allegro, come poteva il mondo tornare com'era dopo che erano successe tante cose brutte?"
E visto che questo è il periodo dell'anno in cui si guardano le saghe.
E visto che per me c'è solo un'unica e sola trilogia.

Vi lascio con il mio personale augurio, anche se non sono ancora proprio convinta al cento per cento che la mia vita tornerà mai ad essere quella di prima, quando non dovevo preoccuparmi continuamente di cosa mangiare, cosa bere, se da un momento all'altro sarebbe potuto venirmi il male all'addome con tanto di corsa al pronto soccorso, se le carenze di ferro prima o poi passeranno e potrò smetterla di farmi le punture per l'emoglobina...non so se tutto questo passerà mai e mi lascerà vivere come una persona SANA che non deve costantemente stare in ansia per la sua salute.

Ma so che c'è del buono in questo mondo. Ed è giusto combattere per questo.



Buone feste a tutti.
(ah, e parlando di sfighe, indovinate chi è tornato da Napoli dicendomi "amore, ho promesso a mio padre che se avremo un figlio lo chiameremo come lui". Suo padre si chiama Alfonso. Passo e chiudo)