london bridge

london bridge

sabato 14 ottobre 2017

Malaticcia, inca**aticcia e polemica

Niente, a sto giro vi tocca un po’ di polemica.

Siete avvisati, quindi non avrete motivo di lamentarvi con me che sono sempre la solita rompiballe.
Il fatto è che ieri ho fatto il quarto ciclo,e tutto è passato tranquillo, mentre traducevo per Subspedia la mia parte in Will e Grace e mi scervellavo, con l'aiuto del Napoli, per rendere in napoletano una scena incentrata sull'accento di New Orleans (non mi chiedete!)

Oggi no, oggi sto demmerda.
I 21 giorni che sono passati tra il terzo e il quarto ciclo, sono stati davvero fantastici, a livello fisico, a livello mentale NO.

Il grande problema della NAUSEA è stato risolto con l’antinausea della vita, il mio nuovo miglior amico, l’Emend, che ho scoperto costare tipo 88 euro per tre pastigliette da assumere nei primi tre giorni dopo la terapia. Con l’aiuto delle pastigliette magiche (e non parlo dell’ecstasy!) e la mente impegnata in mille cose, non ho avuto modo di far prevalere i malesseri fisici.

Sono andata ad un concerto a vedere il mio gruppo preferito (i Linea 77, tanto amore e tanto pogo), solo quattro giorni dopo la terapia, e stavo davvero bene. Prima fila, tutte le canzoni a memoria, urlate a squarciagola, saltando come una teenager. Ho anche quasi iniziato una rissa e beccato uno sputo sul braccio, giusto perché la dottoressa ha detto che sono immunodeficiente e devo evitare posti affollati e malattie virali. Come minimo ho preso l’ebola, la suina e la febbre dei polli gialli. Non importa, ero nel mio ambiente del disagio ignorante musicale torinese, ed ero tranquilla, sana, pelata, senza copricapo e libera dai dolori e dalla nausea.



Oggi no, oggi male. Ma ne parleremo dopo.

Perché oggi sono incazzata e polemica?

Sono incazzata perché sto male e odio lamentarmi.
Perché avrei mille cose da fare: la spesa, una casa da pulire, il bucato da fare, i pavimenti da lavare, il tappeto che ormai è una colonia di batteri e ecosistemi a sé, o anche solo una camminatina o passare il sabato sera al pub a bere una birrozza.
Escludiamo pure la birrozza, grazie al simpaticissimo cortisone, ma per trovare la forza di andare a buttare la munnezza, ho dovuto ricorrere a tecniche da super saiyan, figuriamoci se riesco a uscire da qui. Ieri ho preventivamente scaricato tutte le serie tv arretrate, scroccando internet dai miei (perché OVVIAMENTE siamo ancora senza internet, e i tecnici di Vodafone sembrano più impegnati del Papa durante il periodo pasquale, santiddio) quindi immagino che passerò i prossimi giorni tra un pianto lungo 40 minuti davanti a This is us (che se non avete mai visto, VEDETELO!), a controllare di non avere nuove malattie rare con Grey’s Anatomy, a sognare una carriera lavorativa nella politica con Olivia Pope, farmi prendere male con la nuova stagione FA-VO-LO-SA di American Horror Story, e infine a farmi due risate con Will e Grace.


In tutto questo, quel sant’uomo del Napoli, non solo va da una parte all'altra della casa tra stendere il bucato, cucinare e lavare i piatti, ma deve anche rincorrere me per prendermi di peso (e peso più di 60kg, se non gli esce un ernia è fortunato!) e mettermi sul divano per farmi stare buona, calma e forzarmi al riposo.
E nel caso vi stiate chiedendo dov’è il terzo inquilino della casa, il buon Fratello, dorme! Dopo ore infinite a lavoro, straordinari, gruppi musicali con cui provare, e giustamente trovare il tempo da passare con la sua ragazza, credo che sia collassato sul letto e si sveglierà verso l’ora di cena dopo un lungo letargo.
Morale della favola, il mio uomo è costretto ad accollarsi tutti i lavori di casa, mio fratello ha finito le energie da qui al duemiladiciotto, e io vegeto nel mio stato nausea-fame molesta-crampi alla pancia, dalla quale non riesco a liberarmi da due giorni a questa parte.
Ieri sera mi sono coccolata con un bicchiere di Nebbiolo, nettare degli dei, per poi crollare dalla stanchezza ancora prima che finisse X-Factor (e questo è già un ottimo motivo per incazzarsi).
Ma il peggio è arrivato sta mattina, il povero ragazzino a cui faccio ripetizioni avrà pensato che fossi strafatta di crack, mentre invece avrei solo voluto vomitare sul libro di matematica in qualsiasi momento senza riuscire a concentrarmi un secondo.
Sono incazzata perché questa non sono io. 
Non ho la lucidità per fare dei calcoli elementari, non ho la forza per uscire, non ho voglia di addentare quel fantastico pollo che ha cucinato per me il mio ragazzo, per paura di vomitarlo. E sono incazzata perché odio lamentarmi quando sto male, non sono un uomo, santo cielo. Non penso di morire con una semplice febbriciattola a 38°C.
Eppure sono qui, a sfogarmi con voi che siete arrivati a leggere fino qui.

Sono incazzata perché linfomerda ha limitato le mie scelte future.
Perché la mia condizione non mi permette di fare tutto quello che vorrei.
Ieri parlottando con la mia adorabile e sempre disponibilissima ematologa, le stavo dicendo che, quando guarirò, (perché non esiste un SE guarirò, io guarirò, punto.) dicevo, quando guarirò vorrei tanto poter rendere “grazie” a modo mio per esserne uscita. Non andrò in Chiesa a ringraziare, e ne parleremo dopo, ma vorrei fare qualcosa di concreto. Visto che, per fortuna, il mio midollo non è stato intaccato dalla malattia, desidero donare il midollo alle persone che sono state più sfortunate di me e sono state costrette a subire un trapianto di midollo.
E NO.  
Mi risponde la mia dottoressa, non puoi farlo, Valentina. Praticamente ho scoperto che, dopo aver fatto una chemioterapia, non solo non potrò donare il midollo che, non si sa mai, potrebbe servirmi in un futuro se la malattia si ripresentasse. Ma la cosa peggiore è che non potrò mai più donare il sangue, né tanto meno donare i miei organi quando morirò. 
E la cosa mi fa incazzare da matti. 
Prima di tutto perché se io non avessi avuto qualcuno che mesi fa ha fatto la scelta responsabile e altruistica di donare, io sarei morta durante l’operazione, quindi spingo sempre tutti quelli che conosco a diventare donatori di sangue, e poi perché ho sempre voluto battere mio padre che ha tante di quelle donazioni Avis che ormai superano la cinquantina. 
E secondo poi perché io ci tenevo davvero a donare gli organi. Proprio l’altra sera a Le Iene (sì, lo so, è un programma osceno) parlavano di quanto sia restia la gente a donare gli organi, mentre io non ho MAI avuto nemmeno il minimo dubbio. Una volta morta, a cosa potranno mai servirmi i miei organi? Ok, il mio fegato probabilmente sarà inutile, e se lo strizzate può anche darsi che ne esca un liquore buono post-mortem tanto è l’alcol assimilato  durante la mia vita, però tutto il resto è in ottimo stato. Ho un gran cuore, due bei polmoni da non fumatrice, due reni in ottimo stato idratati a suon di birra, un utero che aspetta solo di essere riempito da un parassita, ops, batuffolo d’ammore. Insomma, io i miei organi non li voglio portare nella tomba, voglio essere utile a qualcuno che può davvero averne bisogno per vivere.
E invece no. Questo stupido linfomerda ha reso inutile il mio corpo, sia da vivo, sia da morto.

Sono incazzata perchè non voglio provare invidia verso i miei amici.
E' proprio una cosa odiosa, ti fa stare male. 
Vedo i miei amici che viaggiano, visitano posti fichissimi, vanno al mare, all'estero, fanno cose semplicissime che fino ad un anno fa facevo anche io.
Però io ora sono bloccata qui. 
Non posso prendere un aereo, un po' per una questione economica, e un po' per la solita storia dell'immunodeficienza. 
Non vedrò il mare fino a chissà quando, e non posso dire di essere pienamente realizzata dall'aver passato le vacanze in Romagna dove il mare è più simile ad una pozza fangosa, soprattutto dopo essere stata alle Canarie ad Aprile e aver visto QUELLE spiagge e QUELL'oceano. 
Invece ora, al massimo vedo la vasca da bagno, con un fashionissimo tappetino per la doccia a forma di coccodrillo (Ikea je t'aime).
E vedo le vostre foto, e vi invidio da matti. Cosa assolutamente non giusta, perchè è davvero una cosa idiota provare invidia verso le persone a cui vuoi bene. Quindi mi incazzo.

Sono incazzata perché l’Inps mi prende per il culo.
Non so quanti di voi sapranno questa cosa, perché io ne ero completamente all'oscuro prima di ammalarmi e prima che un’amica me ne parlasse, perché sappiate che i medici non vi diranno mai un cazzo se non glielo chiedete esplicitamente.
In quanto malata oncologica, ho diritto a richiedere l’invalidità all’Inps, se non riuscissi nemmeno a muovermi, avrei anche diritto all’accompagnamento, ma visto che sono perfettamente autosufficiente, non mi sono nemmeno posta il problema. 
In più un vostro parente/coniuge possono richiedere la legge 104, che gli da diritto a 3 giorni di permesso lavorativo al mese per accompagnarvi alle visite mediche. 
In più, qualora rientraste nella categoria degli invalidi, potreste rientrare nelle categorie protette, secondo la legge 68/99, e avere più possibilità di trovare lavoro, perché le aziende hanno l’obbligo di assumere appartenenti alle categorie protette, quando il loro numero di organico supera determinate cifre.
Bello, ve’?
Eh, insomma.
Qualche mese fa, fatte le varie visite all’Inps e le procedure burocratiche al Caf, mi dichiarano invalida al 100% e inabile al lavoro, ritenendomi idonea a ricevere una pensione di invalidità, di poco meno di 300€ al mese. Procedura pressocchè standard per qualsiasi malato di cancro che fa chemioterapia.
Benissimo, però io ho un affitto da pagare, le bollette da pagare, mangio come una scrofa quindi anche la spesa da fare, la benzina, internet e via dicendo. Capirete che 300€ non sono niente. Cioè, non voglio passare per ingrata, grazie che questi soldi ci sono, però visto che la mia “disabilità” non compromette le mie facoltà fisiche o mentali, decido comunque di iscrivermi alle categorie protette e cercarmi un lavoro.
Seconda visita all’Inps, accertamento delle capacità lavorative. In pratica devono accertarsi che io sia a posto col cervello, possa muovermi facilmente e svolgere funzioni lavorative che ovviamente non comprendano lavori di fatica. E qui la presa per il culo. Il simpatico impiegato che deve rilasciarmi la lettera nella quale si certifica che io posso comunque svolgere un lavoro, preferibilmente d’ufficio, mi dice che con una percentuale così alta di invalidità è difficilissimo, se non impossibile, che qualche azienda prenda in considerazione il mio curriculum, perché comunque “signorina, come vede sulla lettera c’è scritto “inabile al lavoro”.”
Ricapitolando.
Lo Stato certifica la mia invalidità al 100%, mi dichiara inabile a lavorare, e pretende che io campi con 300€, perché nessuna azienda mi prenderà mai con una percentuale così alta.
Ditemi se vi sembra un ragionamento sensato, perché a me no.

(E sempre sul tema lavoro)
Sono incazzata perché l’Italia è un posto terribile dove cercare occupazione.
Lo sapevamo che sarebbe stato difficile. 
Non siamo a Londra, dove non siamo mai stati più di una settimana senza lavorare, dove prendevamo 10£ all’ora per fare lavori del cazzo, dove avevamo sempre regolari contratti con ferie pagate che potevano permetterci di viaggiare e vedere il mondo.
Siamo in Italia. E non c’è differenza che tu sia senza diploma o abbia quasi due lauree, tre anni di esperienza all’estero, un’ottima conoscenza della lingua inglese, una gran voglia di lavorare, sia iscritta alle categorie protette o meno, e due palle che vi potrei schiacciare tutti quanti tanto sono toste. 
No.
Perché l’Italia è quel posto dove ti offrono lavori in nero a 600€ per 60 ore lavorative a settimana.  
È quel posto dove per fare lo spazzino della raccolta differenziata chiedono il diploma, ma per lavorare all’Agenzia delle Entrate come impiegato amministrativo (a Cagliari) basta la terza media, e giuro di aver personalmente letto entrambi gli annunci di lavoro e aver provato più nausea di quanta ne provi adesso per colpa della chemio.
L’Italia è quel posto dove due giovani, sotto i 30 anni, non riescono a trovare lavoro, anche passando giornate intere a scandagliare tutti i siti di offerte, le agenzie e gli annunci più idioti. 
L’Italia è quel posto dove i giovani hanno davvero voglia di lavorare, e vengono contattati da cooperative che li potrebbero assumere part-time, 20 ore a settimana, per un tirocinio da 300 euro al mese (pagati ogni due mesi).
L’Italia è quel posto così saturo di richieste di lavoro da essersi completamente imballato in se stesso, in mano ad agenzie del lavoro che lucrano su poveri disgraziati, il più delle volte prendendoli per i fondelli.

“E se ti fa tanto schifo l’Italia, tornatene a Londra”

Non ve lo nego, ci sono state giornate dure, dove sia io sia il mio ragazzo  ci siamo guardati negli occhi chiedendoci “ma chi ce l’ha fatto fare di tornare?”.
Non lo so. 
È tutta colpa mia, ovviamente. 
Io volevo iniziare a costruirmi un futuro qui, nel mio Stato, finire la specialistica, stare vicino alla mia famiglia, ai miei affetti, alla mia cultura e allo stile di vita all’italiana che tanto mi mancava a Londra. È forse sbagliato? 
E lui, per amore, mi ha seguita, assecondando le mie scelte. Ora, chi sta facendo più fatica ad adattarsi a queste scelte, è lui, perché il mercato del lavoro è un posto con meccanismi assurdi, perché devi avere esperienza per fare un lavoro manuale (come il magazziniere), perché se vuoi lavorare nell’edilizia ci sarà sempre qualcuno che farà un lavoro ad un prezzo più basso del tuo, perché nelle fabbriche non entri se non hai un corso in meccanica, o le conoscenze, perché serve un diploma anche per un lavoro manuale che potrebbe fare una scimmia, e perché serve un titolo di studio anche per prendere dei cassonetti e buttarli dentro un camioncino.
Sapevamo che non sarebbe stato facile, ma così mi fate proprio incazzare.

E sono incazzata con Dio
O meglio, con chi mi rifila profezie religiose per risolvere le mie ansie.
Chi mi conosce sa che sono stata una persona tutto sommato religiosa fino ai miei 20 anni. Quando ho capito che non può esistere un Dio che fa morire la persona che ami, a soli 26 anni, per un male davvero stupido. Lì è iniziata la mia lotta contro Dio e contro tutte le ingiustizie del mondo.
Ho iniziato a capire che non può esistere un Dio che permette che una tua amica abbia un male brutto e più sembra vicina la guarigione, e più ne spuntino altre.
Non può esistere un Dio, quando una nipote lascia il nonno per tornare a Londra a febbraio, dove lui sta tutto sommato bene, e quando torna a giugno ha a malapena il tempo di vederlo e parlargli un’ultima volta, ad un corpo dove il suo nonno è imprigionato da una malattia che gli è venuta all’improvvisto e nel giro di due giorni se l’è portato via.
Non può esistere un Dio che strappa ad una famiglia un uomo, un padre, giovane, mentre sta guidando la sua macchina con suo figlio addormentato sul sedile posteriore, che non ha mai avuto la possibilità di salutarlo per l’ultima volta.
Non può nemmeno esistere un Dio che strappa alla sua famiglia una mamma che ha sofferto tanto, girando quasi tutta Italia per cercare una cura ad un male che non si può curare, una mamma che era il pilastro della famiglia, che ora fa fatica ad essere unita come prima.
Non può esistere un Dio, quando una ragazza andata all’estero per fare del bene e aiutare le persone più sfortunate, viene operata d’urgenza, da sola, e scopre di avere un linfoma, da sola, senza nessuno dei suoi affetti vicino ad abbracciarla in uno dei momenti più terribili della sua vita.
E potrei andare avanti all’infinito, citando guerre, bambini malati, e così via.
Io non ci credo più. 
Provo una profonda invidia per Chiara Luce Badano, che ha vissuto serenamente la sua malattia affidandosi a Dio, perché almeno aveva qualcosa in cui credere, qualcosa che le potesse dare la convinzione che sarebbe andato  tutto bene.
Io non ho questa convinzione.
Pochi giorni fa ho avuto delle forti fitte all’altezza della vescica dove, secondo la TAC fatta tre mesi fa, ho le masse più grosse. E questo mi fa pensare che siano ancora lì, e che la strada potrebbe essere più lunga del previsto.
Non ho la certezza di affidarmi ad un Dio buono e caritatevole. Non ho la certezza che, nel caso in cui dovessi morire, andrei in un fantomatico paradiso dove potrei incontrare i miei nonni, Freddie Mercury e San Tommaso. Perché io non credo, non ho fede e l’unica cosa che mi da la forza per superare tutto quello che mi sta succedendo sono io. Io con la mia forza di volontà, con la mia famiglia che mi riempie d’amore, con il mio ragazzo che ha una pazienza infinita (e anche quando questa pazienza finisce, riesce a trovarne altra), ed i miei amici che si preoccupano sempre per me e mi mandano duecento messaggi quando sanno che ho la terapia.
Nessun Dio.
Quindi, non fatemi incazzare con queste frasi che dovrebbero essere fatte per farmi stare meglio del tipo:
  •           È solo Dio che ti mette alla prova
  •           Le strade del signore son infinite, vedrai che c’è un motivo a quello che ti sta succedendo e lui lo sa
  •           Quando guarirai, capirai il miracolo della guarigione che ti ha mandato dio
  •           Quello che ti succede non è colpa di Dio, ma del male, per questo dovresti andare a messa e chiedere a Gesù di combattere il male

E vi giuro che queste sono tutte frasi che mi sono state rivolte negli ultimi tre mesi. Lasciate stare, davvero. Su questa bella storiella di Dio ci ho messo una pietra sopra, e qualsiasi cosa diciate, mi farà solo venire i nervi.

[Dio mi ha guarito, non la chemio, non i medici, non la scienza, non la ricerca, DIO.] 

Sono tanto incazzata, e mi avevano avvertito che sarebbe stato normale. Il fatto di essere impotente di fronte ad un corpo che non fa quello che vorresti, è davvero disarmante.

Poi, per come sono io, passo giornate buissime, ma passo anche momenti pieni di grandi sorrisi.
Non è vero che gli ultimi mesi sono stati solo nausea, tristezza e stress per il lavoro.
Ho avuto sostegno incredibile da tutti quelli che mi sono vicini e da tutti quelli che seguono il decorso della battaglia contro linfomerda anche a distanza.

C’è stato chi ha creato una raccolta fondi online per regalarmi un cucciolo di San Bernardo (grazie Vittorino!)
Chi mi ha mandato messaggi privati con offerte di lavoro per il Napoli (non posso fare nomi, ma grazie!), chi è venuto a trovarmi e far bagordi nella casa nuova portando cibo, dolcini, pensierini o semplicemente un sorriso, chi si è offerto di dare in prima persona un lavoro al mio ragazzo per aggiustare la propria casa, chi mi manda messaggi di forza in qualsiasi momento della giornata, chi si è subìto l’eterna attesa della sala d’aspetto quando ho le visite dall’ematologa (mia mamma ormai ha l’abbonamento, ma grazie a Elena e mio fratello, che stavano esaurendo!), chi non fa nemmeno una piega se in preda ad un momento di profonda tristezza, torno a casa con una gabbia, del mangime e un cricetino schizzato



E c’è chi legge sempre i miei post e li commenta con affetto.
GRAZIE, davvero.


E poi cerco di prendere i lati positivi di questa invalidità al 100%, come  il fatto di poter entrare gratis nei musei o l’abbonamento gratis alla GTT 
(maledetti, vi odio e prenderò i vostri mezzi, sempre in ritardo, AGGRAAAATIS AH!) 

Senza dimenticare la cosa più importante. I miei dolorini, i cambiamenti d'umore, la nausea, il vomito, lo stomaco a pezzi, l'intestino tagliuzzato, sono NIENTE in confronto a quanto stanno passando altre persone, magari con un linfomerda, o una metastasimerda, o un qualsiasi cancromerda. Io ho la fortuna IMMENSA di stare a casa mia, lontana da quel letto d'ospedale di cui ho tanto paura. Non ho mai avuto la febbre, che è uno degli effetti collaterali più frequenti. Non ho avuto la polmonite, fin'ora almeno, altro gettonatissimo premio in palio per chi fa l'R-CHOP. Non sono più corsa in Pronto Soccorso, perchè la Codeina è una cosa bellissima e fa passare tutti i dolori. 
Diciamocelo forte e chiaro: tutto sommato, sto bene.

E in ultimo cerco di godermi ogni secondo con la persona che amo, anche se l’ansia per il lavoro è tanta, i momenti di sconforto per la nostra situazione economica a volte sembrano insormontabili ma cerchiamo la forza di sostenerci l’un l’altra (anche se spesso è la malata che si deve ingegnare per far sorridere l’uomo!),e almeno siamo insieme. Dopo tutte quelle che abbiamo passato, inclusi due mesi lontani quest’estate, adesso ho la (s)fortuna di avere sempre tra i piedi un insopportabile terrone permaloso, tutto il giorno.

Nella sfortuna, comunque la vediate, io provo davvero a mettermi gli occhiali arcobaleno, da brava Pandi-Corn quale sono, e vedere il mondo come lo farebbe un Panda Unicorno. Cioè mangio, che nel dubbio non sbaglio mai, e cerco di scovare gli arcobaleni. 
Perché, vuoi o non vuoi, dopo i temporali più brutti, spunta sempre qualche cazzo di arcobaleno no?


#nonsimollauncazzo